La nuova creatura di Storieria è un volume di 370 pagine, frutto di un anno di lavoro. Un volume che racconta 50 anni dell’azienda della famiglia Bozzi, in miracoloso equilibrio tra multinazionale e azienda familiare.

In questo articolo è descritto il lavoro, ma le emozioni… quelle ve le racconteremo nei prossimi blog!

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STORIE VERE IN FINTA PELLE

Il 21 novembre dello scorso anno, Vulcaflex – l’azienda della famiglia Bozzi che produce PVC calandrato e spalmato – ha festeggiato il cinquantesimo anno di attività con una grande festa, riunendo più di 700 persone tra collaboratori e dipendenti. A un anno esatto da quell’evento, il prossimo 21 novembre, l’azienda presenterà il volume che racconta i suoi 50 anni.

50 è anche il totale dei tasselli che compongono il mosaico Vulcaflex in poco meno di 400 pagine: 47 testimonianze, una introduzione, un prologo, un epilogo – e, sin qui, nulla di nuovo. Se si leggono i titoli dei racconti, invece, cominciano le sorprese: “cacca anti-scivolo”, “faccia fare a me”, “un posto qualsiasi”, “paura di sperare”, “no, l’anguilla no!”. Cosa c’entrano con la plastica? In apparenza, nulla. Da qui si comprende che il libro utilizza i medesimi ingredienti (curiosità, creatività – e anche una buona dose di coraggio) che hanno contraddistinto la storia che racconta.

Proseguendo nella lettura, ci si addentra in 50 anni di esperienze di vita nelle quali il PVC costituisce lo sfondo, proprio come in un teatro in cui si sbircia lo spettacolo da dietro le quinte.

Scopriamo, così, che l’industria automobilistica oggi costituisce il 70% del fatturato (oltre 114 milioni di Euro nel 2015) e che l’azienda di calandrati fondata a Milano da Attilio Bozzi,  all’epoca si chiamava Vulcanirga, è diventata oggi un colosso che dagli stabilimenti di Cotignola (RA) esporta in Europa, negli Stati Uniti, in Cina. Impariamo come nasce una calandra, che differenza c’è tra goffrato e floccato, quanto sono stringenti le richieste del settore automotive, cosa ha comportato avere una produzione h24, quanto Mario Bozzi abbia un alter ego, il Dott Mario, sentito più come un padre di famiglia che come il titolare dell’azienda…e tutto questo si apprende senza averne chiara consapevolezza. Il racconto scorre, la fabbrica è vista, come un prisma, da tantissime angolazioni e con infiniti colori. Soprattutto,  si capisce che il ritornello retorico secondo il quale “dietro ogni azienda ci sono le persone” ha, in casa Vulcaflex, un senso profondo.

La famiglia Bozzi lo sapeva bene. Ce lo racconta Roberto Bozzi, direttore degli stabilimenti produttivi: “La nostra è davvero una materia plastica! Avevamo bisogno di raccontarla in tutte le sue sfaccettature, soprattutto umane”. La proprietà si è, quindi, affidata a Storieria, un marchio di fabbrica per tutte le aziende che vogliano, attraverso la scrittura, plasmare narrativamente le esperienze vissute in modo che diventino memorabili – ovvero che facciano memoria –  in modo piacevole e… emozionante. Per le pagine che raccontano Vulcaflex Claudia Carrescia, co-fondatrice di Storieria e Matilde Cesaro, sua prediletta autrice, hanno incontrato e intervistato più di 50 persone: da chi ha mostrato con fierezza il proprio cartellino n.1 fino alla giovane neo-assunta in un reparto R&D che oggi vanta autorevoli collaborazioni nel campo della ricerca internazionale sui materiali e sulle tecniche di processo.

Una galleria umana ritratta in 50 tasselli che scorrono, come su una rotativa a proiezione continua, con singole voci, una dopo l’altra, a comporre una narrazione collettiva. Autenticità a parte, nessun ordine, nessuna cronologia.  Infatti, si può entrare nell’universo Vulcaflex aprendo il volume a caso e incappando in qualcuno che parla così della sua calandra:  “Se non la tratti bene, quella, ti punisce. È una femmina”.  Qualche pagina dopo ci si ritrova alla fine degli ’60, quando ancora la spalmatrice non era in linea e le mescole si realizzavano a mano, con un enorme mestolone. Come su una  macchina del tempo,  su e giù lungo i decenni, succede che i Beatles incontrino lo spalmato degli interni delle BMW o della General Motors, che un cilindro montato al contrario faccia schizzare il fatturato da 25 a 50 miliardi di lire in poco più di due anni,  che qualcuno mangi conigli anche a colazione e qualcun altro urli “Al fuoco!”.

“La realizzazione di questo volume è stato un viaggio: mi sono commosso, divertito, sorpreso.” così ci racconta il Dott. Mario.

Prosegue suo fratello Giorgio,  riportandoci agli inizi: “Vulcaflex nacque nel 1965, quando la milanese Vulcanirga, creata da mio padre e specializzata in gonfiabili,  acquistò a Cotignola la Starflex”. Mario e Giorgio, figli di Attilio, si divisero i compiti: il primo, una laurea in chimica con il Nobel Natta, seguì direttamente la produzione nello stabilimento romagnolo, mentre Giorgio rimase a Milano per coordinare tutte le attività commerciali. Negli anni ’90 si è aggiunta la terza generazione, con Massimiliano e Roberto, figli di Mario.

Nel tempo Vulcaflex ha acquisito altre due aziende sul territorio, ha inaugurato un secondo stabilimento, ha vissuto un’avventura abruzzese rilevando un’azienda di spalmati, la Veta 86, diversificando i suoi prodotti a seconda del momento storico, dei mercati, delle possibilità e delle impossibilità.

Il vice direttore generale Massimiliano Bozzi conferma, sottolineando un necessario cambio di rotta avvenuto nell’ultimo decennio: “Se, all’inizio dell’avventura del nonno, la chiave del successo è stata la diversificazione, i nostri anni, al contrario, sono profondamente orientati alla specializzazione nel mercato automotive”.

Partita dai gonfiabili, Vulcaflex ha prodotto film per più di trenta categorie merceologiche. Nel quotidiano degli ultimi 50 anni siamo stati tutti inconsapevolmente circondati da oggetti prodotti con lo zampino della famiglia Bozzi:  il PVC spalmato o calandrato, infatti, ha costituito il materiale di base per canotti, blister farmaceutici, tomaie per calzature, cinture, custodie di occhiali, borse, valigie, cartelle.

Alcuni oggetti sono entrati nell’immaginario di generazioni intere, come il gonfiabile della Mucca Carolina e di Ercolino Sempre in Piedi, il vinile per i dischi del Musichiere, gli imballaggi dei cioccolatini Perugina e Ferrero, l’aspirina Bayer,  le cartelline Buffetti, fino agli scarponi da sci, alle borse di una inconfondibile griffe francese e agli interni delle autovetture  – dall’Alfasud all’ultimo modello della General Motors.

Inevitabile, quindi, che una storia che così tanto ha permeato il quotidiano di molti, fosse  via via sempre più radicata nel territorio che la ospita.

Nel volume realizzato da Storieria molte voci raccontano della fantaplastica, ovvero di come Cotignola avverta con straordinario senso di appartenenza la presenza della fabbrica. “Si fa più plastica al bar che in azienda”, molti hanno così commentato le chiacchiere del paese. Infatti, se nelle città si parla con trasporto dell’ultima partita della squadra del cuore, al Bar Sport si è spesso commentato l’ultimo acquisto operato dall’azienda (che fosse una macchina o un nuovo assunto) con la passione di chi la plastica la fa, la vive, la respira. A proposito di respiro, alcuni aspetti sono a dir poco miracolosi: Claudia Carrescia e Matilde Cesaro hanno intervistato arzillissimi ultra-novantenni che, dopo aver respirato PVC tutta la vita, non vedono l’ora di partecipare, con entusiasmo, alla presentazione del volume che raccoglie anche le loro voci.

Un volume con una copertina speciale, realizzata appositamente in PVC spalmato da Vulcaflex. La storia di questi 50 anni parte, quindi, con un’esperienza tattile che si rivolge immediatamente ai sensi. Proseguono, poi, le parole, le storie, le emozioni degli uomini e delle donne che hanno sperimentato, diversificato, vissuto la materia che lavoravano.